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2/08/2023

SILICOSI: ulteriori segnalazioni.


Cos’è la Silicosi?

L’inalazione di polveri contenenti silice cristallina respirabile può causare silicosi, talora complicata da malattie respiratorie croniche e cancro polmonare. La silicosi è una malattia polmonare fibrotica caratterizzata da compromissione della funzione polmonare che peggiora con la progressione della malattia, anche dopo che il lavoratore non è più esposto. Sebbene tradizionalmente associata al lavoro in miniera, nell’industria del vetro e della ceramica, negli ultimi anni si è assistito all’insorgenza di casi di silicosi in lavoratori impiegati in attività “moderne” quali la sabbiatura dei jeans o la produzione di piani per cucine e bagni in pietre artificiali.

Qual'è la situazione attuale in Veneto?

Nella Regione del Veneto, a partire dal 2016, sono stati segnalati casi di silicosi imputabili a esposizioni a silice cristallina verificatisi in aziende del settore delle pietre artificiali: gli ultimi casi noti sono stati diagnosticati a fine 2022. Allo stato attuale risultano oltre 25, tra cui un decesso, i casi di silicosi imputabili a esposizione in aziende di tale settore, situate nei territori delle Aziende ULSS n. 2 Marca Trevigiana, n. 4 Veneto Orientale, n. 6 Euganea e n. 9 Scaligera.

Perché la situazione non va sottovalutata?

La lavorazione delle pietre artificiali, se non vengono adottate adeguate misure preventive, rappresenta un grave rischio emergente per la salute dei lavoratori. Particolare preoccupazione deriva da:

  • elevato contenuto in silice di tali materiali;
  • elevati livelli di esposizione, in particolare tra gli addetti alla finitura manuale a secco;
  • numero elevato di casi imputabili a un ridotto pool di aziende;
  • giovane età dei lavoratori affetti (il più giovane risulta avere poco più di 30 anni);
  • forma rapidamente ingravescente della patologia (in un caso la latenza - intesa come periodo dalla prima esposizione - è stata di soli 2 anni);
  • difficoltà nella diagnosi precoce e nel corretto inquadramento

Quali sono le azioni da mettere in atto?

Fondamentale risulta l'analisi dei materiali impiegati e la corretta valutazione del rischio, associata ad adeguata misurazione delle polveri aerodisperse nell'ambiente di lavoro. Benché tutti gli addetti alla lavorazione delle pietre artificiali siano da considerare potenzialmente esposti, sono risultate particolarmente a rischio le operazioni di finitura manuale a secco con uso di strumenti ad alta velocità di rotazione, in assenza di efficace aspirazione delle polveri. Al fine di ridurre l’esposizione, molto utile si è rivelata la lavorazione a umido e la necessità di adottare sistemi di captazione dell’aerosol il più possibile vicino alla fonte, all’interno di cabine chiuse, nonché un efficace sistema di pulizia ambientale, l’individuazione e la corretta gestione dei dispositivi di protezione individuale adeguati al livello di rischio. L’efficacia di tali interventi deve sempre essere valutata attraverso un monitoraggio dei livelli di silice cristallina aerodispersi.

Per la diagnosi di silicosi è necessaria una storia lavorativa di esposizione professionale, un quadro radiologico caratteristico e l'esclusione di altre diagnosi concorrenti. Sono indispensabili a tale fine, una informazione capillare e la sensibilizzazione e collaborazione tra Medici di Medicina Generale, Specialisti coinvolti (Medici del Lavoro/Competenti, Pneumologi, Radiologi), SPISAL e centri specialistici di secondo livello, con competenze sia di Medicina del Lavoro che di Pneumologia.

Documento tecnico di approfondimento, prodotto dall’Azienda ULSS n. 6 Euganea in collaborazione con l’Università degli Studi di Padova.

La Silicosi Cronica è la più comune presentazione clinica tra le patologie di Lavoratori esposti professionalmente a basse concentrazioni di silice per lunghi periodi (>15-20 anni). La diagnosi è stabilita associando la storia lavorativa di esposizione a silice cristallina ad un quadro clinico, funzionale e radiologico compatibile. Le forme cristalline più frequenti di silice sul posto di lavoro sono quarzo, tridimite e cristobalite. Le occupazioni tradizionalmente associate a un aumento del rischio di silicosi includono la lavorazione del vetro e della ceramica, l'estrazione, la sabbiatura e qualsiasi attività di costruzione che genera polvere di silice attraverso il lavoro di pietra o cemento. Recentemente sono stati descritti clusters di casi in relazione a nuove esposizioni professionali, in particolare nella lavorazione di piani in conglomerati di quarzo per cucine e bagni (1-3).

Evidenze nella provincia di Padova

A partire dal luglio 2016 sono stati diagnosticati 15 casi di silicosi polmonare relativi a lavoratori ed ex-lavoratori di una stessa ditta (110 Lavoratori) specializzata nella produzione di piani, lavelli e altri accessori per l’arredo di cucine, bagni, negozi e uffici utilizzando pietre naturali, quali marmi e graniti, e conglomerati di quarzo (pietre sintetiche). Fino al 2003 nello stabilimento venivano eseguite essenzialmente lavorazioni di piani in marmo naturale e graniti; in particolare, partendo da lastre già tagliate, erano effettuati i tagli a misura dei piani e le operazioni di finitura e lucidatura. L’utilizzo delle pietre sintetiche è cominciato nei primi anni 2000 ed è divenuto progressivamente più importante tanto che nel 2013 venivano lavorati per l’80% conglomerati di quarzo e per il 20 % marmi naturali. Nello stesso periodo si assisteva ad un progressivo incremento dell’attività produttiva dell’azienda con l’ampliamento dei fabbricati e l’introduzione di nuovi impianti. Le pietre sintetiche, che costituiscono quindi attualmente la maggior parte della materia prima impiegata, risultano costituite per circa il 95% da quarzo (silice cristallina) a cui vengono aggiunte e mescolate resine e pigmenti. I piani in lavorazione hanno dimensioni di norma di 0,6 m di larghezza e lunghezza variabile fino a circa 3 m. Alla data del primo sopralluogo avvenuto nel 2016, all’interno dello stabilimento erano presenti 3 linee di finitura: la prima risultava costituita da 5 postazioni di lavoro, per altrettanti Lavoratori, dotate ciascuna di una parete aspirante di fronte alla quale veniva posizionato un banco di lavoro e, su di questo, il piano in lavorazione in posizione perpendicolare alla parete aspirante; la seconda linea di finitura è stata realizzata verso il 2009 e risultava formata da 5 postazioni di lavoro provviste ognuna di parete aspirante di fronte alla quale gli operatori eseguivano a banco le lavorazioni su piani e su alzatine con modalità uguali alla precedente; la terza linea era costituita da altre 5 postazioni di lavoro dotate ognuna di banco aspirato.

In ciascuna delle linee descritte l’operatività era la medesima: venivano infatti eseguite operazioni di levigatura e finitura a secco dei bordi, del perimetro inferiore del piano e degli spigoli. Inoltre, veniva effettuato il completamento dei tagli dei fori dove vanno inseriti il lavello o gli elettrodomestici e la verifica di accoppiamento di vari pezzi di un piano con ulteriori interventi di smussatura e levigatura. Per eseguire queste lavorazioni erano impiegate prevalentemente mole angolari provviste di dischi da taglio in metallo diamantato e dischi abrasivi di varia granulometria. Le mole angolari utilizzate erano ad alimentazione elettrica, operanti a secco e non risultavano provviste di aspirazione incorporata delle polveri prodotte.

I 15 Lavoratori avevano alla diagnosi un’età media di 42 anni ed un’esposizione lavorativa a pietre artificiali di 12 anni (range 2–20) occorsa presso la stessa ditta, prevalentemente come addetti alla finitura; 5 soggetti sono risultati ex-fumatori (7,9 pack-years), 6 fumatori attivi (pack-years 17,6) e 4 non fumatori. Il quadro funzionale evidenziava mediamente un deficit ventilatorio restrittivo di grado lieve (marcato in 1 caso) e una riduzione lieve- moderata della DLCO. Il quadro radiologico in tutti i casi documentava un’interstiziopatia micronodulare, in particolare ai lobi superiori, con linfoadenomegalia mediastinica. In 4 di questi lavoratori la sintomatologia ha esordito con toracoalgie e febbre e con un quadro all’HRCT del torace di linfoadenomegalie. La loro biopsia parenchimale evidenziava lesioni granulomatose non confluenti con scleroialinosi, portando alla diagnosi iniziale di Sarcoidosi. Questi ultimi sono stati trattati con terapia con cortisonico sistemico, e in 1 caso anche con methotrexate, senza riportare efficacia.

Dopo il primo caso caratterizzato da marcata compromissione funzionale ed evoluzione verso una interstiziopatia micronodulare bilaterale, è stata eseguita una valutazione dei lavoratori presso l’U.O.C. di Medicina del Lavoro dell’Università di Padova, dove, dopo un’attenta raccolta dell’anamnesi lavorativa e l’esecuzione di test specifici, è stata fatta diagnosi di silicosi polmonare, confermata poi mediante biopsia del parenchima polmonare. Tale analisi ha documentato un infiltrato istiocitario e fibrosi, in 2 casi granulomi, in altri 2 casi noduli polmonari tipici e in 7 casi la presenza di particelle birifrangenti. La diagnosi di certezza è stata posta mediante l’analisi in microscopia ottica ed elettronica del parenchima con evidenza di numerose particelle di silice (diametri compresi tra 0.1-5 μm). I sintomi all’esordio sono stati generalmente molto lievi. Infatti, 11 pazienti lamentavano una dispnea da sforzo di grado 0-1 secondo la scala mMRC, 5 la presenza di tosse stizzosa ed in 4 accusavano astenia.

Tutti i pazienti sono stati seguiti dalla diagnosi in poi presso la Fisiopatologia Respiratoria della U.O.C. di Medicina del Lavoro dell’Azienda Ospedale Università di Padova con visite ed accertamenti funzionali e radiologici annuali.

Il primo paziente diagnosticato affetto da silicosi evoluta in fibrosi polmonare massiva è deceduto per complicanze ad essa legate a 5 anni dalla diagnosi; gli altri in generale documentano una progressione di malattia sia funzionale che radiologica anche nel caso di esposizioni di modesta durata (3 anni).

Interventi preventivi sanitari

Dalla segnalazione del primo caso di silicosi si è attivato l’intervento degli operatori dello SPISAL dell’Azienda ULSS n. 6 Euganea. Sono state esaminate le cartelle sanitarie e di rischio dei dipendenti (con particolare attenzione per le prove di funzionalità respiratoria) e successivamente è stato indicato alla ditta datrice di lavoro l’esecuzione di valutazioni pneumologiche per tutti gli operatori esposti a polveri. Alla luce di questi interventi tra il 2017 e il 2020 sono emersi un totale di 15 casi certi di silicosi polmonare. In 3 di questi Lavoratori è stata fatta diagnosi di silicosi multiorgano (polmone e fegato).

Tra novembre e dicembre 2022, in collaborazione con il servizio di Fisiopatologia Respiratoria dell’U.O.C. di Medicina del Lavoro dell’Azienda Ospedale-Università di Padova, sono stati selezionati 30 pazienti - lavoratori ed ex-lavoratori della ditta su menzionata - esposti a silice cristallina da pietre artificiali tra il 2000 e il 2018. Questi pazienti sono stati sottoposti a visita medica, ad una spirometria globale e ad un test di diffusione del CO. In 6 pazienti si è rilevata una riduzione di grado lieve della diffusione del CO.

In 22 casi è stata prescritta l’esecuzione di una HRTC torace. Ad oggi sono state effettuate e studiate 10 HRTC ed in 6 casi sono presenti evidenze di danno polmonare compatibili con la diagnosi di silicosi. In tre di questi casi peraltro i lavoratori avevano svolto nel 2017 una HRCT del torace, refertata come nella norma; ad una rilettura di tali immagini da parte di personale esperto si è però evidenziato come fossero già documentabili micronodularità e linfoadenomegalie mediastiniche. Quest’ultimo riscontro pone pertanto l’attenzione non solo sulla rilevanza diagnostica rappresentata dalla TC ad alta definizione ma anche sulle necessarie competenze di lettura delle immagini stesse.

Si sottolinea inoltre come le prove funzionali spirometriche standard (spirometria globale e diffusione del CO) di questi 6 soggetti siano risultate nella norma, suggerendo la mancata sensibilità dei dati funzionali ai fini della diagnosi precoce di malattia e ponendo quindi dei dubbi sull’efficacia della sorveglianza sanitaria in genere effettuata dai Medici Competenti mediante spirometria semplice.

Interventi preventivi ambientali

In ciascuna delle tre linee di finitura al momento del primo intervento era installato un impianto di aspirazione centralizzato con diramazioni collegate a pareti aspiranti delle dimensioni d’ingombro di 2,2 m x 1,5 m di altezza. Le pareti aspiranti presentavano varie fessure orizzontali d’ingresso dell’aria. Considerato che ogni impianto di aspirazione a servizio delle linee di finitura aveva una portata nominale complessiva al massimo di 30.000 m3 /h e ad ogni impianto erano collegate 5 pareti aspiranti, sulla superficie di ciascuna parete si poteva generare al massimo una velocità dell’aria di circa 0,5 m/s. Rispetto al punto di emissione delle polveri, situato anche ad alcuni metri di distanza dalla parete aspirante, la velocità di cattura indotta dall’impianto si riduceva in modo esponenziale in funzione della distanza.

Infatti la valutazione del rischio da inalazione di silice libera cristallina effettuata dalla ditta nel 2016 evidenziava valori di inquinamento in aria da 10 a 30 volte superiori rispetto al TLV. Verso la fine del 2016, a seguito dell’intervento dello SPISAL, è stato avviato un processo di modifica delle postazioni di lavoro sulle linee di finitura. In particolare su ogni postazione di lavoro di ciascuna linea sono state installate delle cabine chiuse su tre lati, mantenendo inalterati le caratteristiche tecnologiche degli impianti e delle pareti aspiranti. È stato aumentato il numero di postazioni realizzando una nuova linea di finitura provvista di ulteriori 5 cabine aspirate. Sono state inoltre installate due ulteriori cabine, destinate ad operazioni specifiche, con relativi nuovi impianti di aspirazione. Sono state apportate modifiche alle modalità operative per le operazioni di finitura manuale con il passaggio a lavorazioni ad umido con gli utensili delle attrezzature irrorati da getto d’acqua e con alcune mole angolari provviste di aspirazione localizzata delle polveri. La misura della velocità dell’aria sul fronte di ingresso delle cabine ha portato al riscontro di valori compresi tra 0,12 e 0,35 m/s. Agli addetti alla finitura manuale sono state fornite mascherine di protezione delle vie respiratorie di tipo FFP3 ed è stato garantito l’addestramento all’uso di tali DPI. Verso la fine del 2017 è stata eseguita una nuova indagine ambientale da parte di un laboratorio privato da cui è emerso che anche con lavorazioni ad umido gli addetti erano esposti a livelli di silice libera cristallina fino a 5 volte il TLV-TWA dell’ACGIH, dimostrando la necessità di uno studio attento delle misure di bonifica al fine di riportare i valori di inquinamento in aria a livelli accettabili. La ditta ha quindi proceduto a modificare ulteriormente le cabine di finitura prevedendo la chiusura del fronte tramite pareti mobili in materiale plastico, ha acquistato attrezzature per l’esecuzione a macchina di alcune lavorazioni effettuate prima manualmente, come il taglio dei fori all’interno dei piani. Tutte le operazioni di levigatura e lucidatura sono attualmente eseguite ad umido con uso di specifiche mole angolari ad alimentazione elettrica. Ai lavoratori addetti alle operazioni di finitura l’azienda ha fornito semimaschere in gomma con filtri tipo P3 per garantire una maggiore tenuta del dispositivo sul viso dell’operatore. Ad aprile 2018 è stata avviata una nuova indagine ambientale eseguita dal Servizio di Igiene Industriale dell’Azienda Ospedaliera e Università di Padova, che ha rilevato una generale riduzione di polveri respirabili aerodisperse rispetto alle indagini precedenti. I livelli di esposizione a Silice Cristallina Respirabile si sono collocati in un range tra 0,003 e 0,098 mg/mc. I livelli più elevati sono riferiti a operazioni ancora condotte a secco, ma si evidenzia anche come l’impiego di acqua nelle lavorazioni, sia meccaniche che di finitura manuale, non sempre consenta di ricondurre ad un livello accettabile l’esposizione in tutte le postazioni.

Evidenze nella provincia di Treviso

Nel 2017 sono stati diagnosticati 2 casi di silicosi polmonare relativi a Lavoratori di una ditta specializzata nella produzione di piani per cucine e bagni. La ditta occupa 12 addetti, di cui 10 in produzione, e da molti anni è attiva nella lavorazione di pietra naturale. L’introduzione del marmo artificiale risale al 2004 e riguardava inizialmente una quota minore della produzione, per arrivare a rappresentare attualmente oltre il 60% della stessa. Le lavorazioni maggiori (taglio, lucidatura bordi, foratura) avvengono in macchinari dedicati che utilizzano acqua per l’abbattimento e l’asporto delle polveri generate nel taglio; il miscuglio semiliquido che ne risulta viene filtrato e l’acqua purificata riutilizzata. La fanghiglia raccolta in sacchi viene fatta asciugare ed avviata allo smaltimento. L’operazione di finitura spigoli viene, invece, effettuata manualmente tramite smerigliatrice, con modalità che sono cambiate nel tempo: inizialmente con l’ausilio di banchi aspirati, successivamente con pareti aspirate, con un periodo recente di uso di smerigliatrici ad acqua.

I Lavoratori avevano alla diagnosi un’età di 33 e 47 anni, con una media di 17 anni di attività presso la stessa ditta come addetti alla rifinitura a secco. Sono risultati entrambi fumatori (pack-years medio 16.5). Il quadro funzionale evidenziava un deficit ventilatorio restrittivo di grado lieve con riduzione della DLCO in 1 caso, mentre nell’altro lavoratore era nella norma. Il quadro radiologico ha evidenziato in tutti i casi interstiziopatia micronodulare, in particolare ai lobi superiori con linfoadenomegalia mediastinica. Alla biopsia del parenchima polmonare si è evidenziato infiltrato linfocitario, assenti granulomi. La diagnosi di certezza è stata posta mediante l’analisi in microscopia ottica e elettronica del parenchima polmonare con evidenza di numerose particelle di silice (diametri compresi tra 0.5-5 μm). Per un Lavoratore l’esordio è stato tosse produttiva persistente, con ricovero ospedaliero, mentre il secondo soggetto presentava dispnea da sforzo. Per entrambi i soggetti l’iniziale sospetto, in base agli accertamenti eseguiti in centri pneumologici, era di sarcoidosi. Per tutti e due i pazienti vi è stata negli anni una progressione di malattia rapida, per uno di loro esitata in attuale gravissimo pattern ostruttivo e fibrosi polmonare diffusa.

Interventi preventivi ambientali

Le misurazioni condotte nel settembre 2015 mostrano una esposizione a polveri respirabili di 4.9 mg/mc, con 0.7 mg/mc di quarzo. Il campionamento ambientale mostra una esposizione di 0.6 mg/mc di polveri respirabili, con una frazione di silice libera cristallina assommante a 0.5 mg/mc (quarzo+cristobalite). Nella campagna di misure del 2017 le esposizioni personali variano tra 0.027 e 0.058 mg/mc di silice libera cristallina. Campionamenti ambientali in altre zone dello stabilimento, diverse dalla finitura manuale, mostrano concentrazioni di silice libera cristallina comprese tra il limite di rilevabilità e 0.018 mg/mc, con un valore di polveri respirabili generiche pari a 0,2 mg/mc. La ricostruzione degli interventi preventivi attuati nel periodo 2015-2017 è ancora in atto. In tempi recenti la lavorazione degli spigoli è stata parzialmente integrata nelle macchine per le lavorazioni maggiori, rimanendo a carico dei finitori manuali le testate e le lavorazioni particolari. Nel 2018 sono state fatte misurazioni ulteriori, che non mostrano un particolare miglioramento della esposizione in zona finitura, con valori di silice libera cristallina variabili tra 0.02 e 0.048 mg/mc. L’azienda sta attuando un programma di revisione dei dispositivi di aspirazione basato sulla modulazione dei flussi, la forma delle cabine e le geometrie di reintegro dell’aria.

Evidenze nella provincia di Verona

Nel periodo 2008 e 2015 sono stati diagnosticati 4 casi di silicosi polmonare relativi a Lavoratori della stessa ditta, nata nel 1976, dapprima specializzata nella preparazione e lavorazione di piani costituiti da agglomerati contenenti silice e resine. Nel 1996 l’azienda ha iniziato la produzione di lastre in quarzo nel formato 300x120 cm e per usi diversi dai tradizionali pavimenti: top bagni, piani per cucine, scale, ecc. Nel 2001 ha avviato la produzione delle lastre da 75x300 cm nei vari spessori, mirate al mercato dei paini per cucine. Il ciclo produttivo prevede le seguenti fasi: A) Preparazione impasto: nel miscelatore vengono sversate le materie prime, quali polveri silicee (quarzo, cristobalite), resina poliestere, frammenti di vetro, accelerante, catalizzatore, coloranti; B) Formatura lastre: l’impasto tramite stasatore viene versato e spalmato su una pellicola di carta nello stampo forma lastra, che poggia su un nastro mobile; una volta formata la lastra, questa viene coperta da una pellicola di carta e introdotta nella pressa e sottoposta a vibropressione e depressione; la lastra compattata viene riscaldata e consolidata con catalizzatore a caldo in forno; C) Finitura: le lastre vengono refilate, levigate, calibrate, lucidate, tagliate a misura con linee automatiche operanti a umido; alcune lavorazioni fuori serie (lavorazioni speciali di manufatti) sono effettuate manualmente, quali: taglio e finitura ad umido o su postazione di lavoro dotata di sistemi di aspirazione localizzata delle polveri. L’impianto automatico di miscelazione per la preparazione degli impasti è da sempre dotato di aspirazione localizzata, gli addetti preposti hanno a disposizione dispositivi personali di protezione delle vie aeree e sono presenti procedure di sicurezza predisposte dall’azienda.

I casi sono stati individuati dal Medico Competente aziendale nel corso dei controlli per la sorveglianza sanitaria (quadro radiologico). I Lavoratori avevano alla diagnosi un’età media di 51.5 anni, con una media di 27.5 anni di attività presso la stessa ditta; 2 come addetti al taglio e alla finitura a umido (o su postazione dotata di aspirazioni) e 2 come addetti alla preparazione degli impasti. In tutti i casi il quadro funzionale evidenziava valori spirometrici nella norma e in un caso la lieve riduzione del DLCO. Il quadro radiologico ha evidenziato in tutti i casi multipli ispessimenti nodulari (di diametro massimo 5 mm), specie ai lobi superiori, bronchiectasie, e minimo ispessimento interstizio. Il quadro alla Rx torace secondo la classificazione ILO BIT è stato 1/1 p/p. In 1 caso, dopo la diagnosi di silicosi, il Medico Competente ha espresso un giudizio di non idoneità e conseguentemente il Lavoratore è stato adibito ad altra mansione.

Considerazioni

I dati attualmente raccolti confermano che la silice di più recente produzione e ad elevate concentrazioni sembra dotata di maggiore potenza patogenetica, che risulta in un quadro di silicosi a più rapida insorgenza e più rapida evoluzione rispetto ai quadri osservati in passato. La lavorazione del marmo artificiale può comportare un elevato rischio lavorativo se le misure preventive non vengono adottate in maniera appropriata. Sono risultate sicuramente a rischio le operazioni di finitura manuale a secco con uso di strumenti ad alta velocità di rotazione, in assenza di efficace aspirazione delle polveri. Le esperienze suggeriscono l’utilità preventiva della lavorazione a umido e la necessità di adottare sistemi di captazione dell’aerosol il più possibile vicino alla fonte, all’interno di cabine chiuse. Rivestono un’importanza non secondaria il sistema di pulizia ambientale e l’individuazione e la gestione dei dispositivi di protezione individuale adeguati al livello di rischio.

Nei casi relativi alle province di Padova e Treviso si è osservato un quadro radiologico, oltre che di interstiziopatia micronodulare bilaterale, anche di marcato interessamento dei linfonodi mediastinici, che rappresentano la sede di confluenza dei macrofagi che hanno inglobato le particelle di silice. In alcuni casi la diagnosi iniziale avanzata è stata quella di sarcoidosi, poi rivista e corretta alla luce dei dati lavorativi e dei valori ambientali, e in 15 casi soprattutto attraverso il riscontro di quarzo nel reperto bioptico in microscopia elettronica.

Per una diagnosi più tempestiva e adeguata risulta pertanto di estrema importanza un’attività di informazione e sensibilizzazione rivolta agli specialisti, in particolare Pneumologi, Radiologi e ai Medici Competenti affinché indirizzino tempestivamente presso centri specializzati tutti quei casi sospetti di interstiziopatia polmonare.

Inoltre, dalle esperienze sopra riportate relative alla Provincia di Padova e Treviso, cruciale negli anni è risultata la collaborazione tra i servizi SPISAL, i Medici Competenti e la U.O.C. Medicina del Lavoro di Padova e un radiologo esperto in interstiziopatie operante presso l’Azienda Ospedale- Università Padova. Tale attività in rete ha infatti permesso di diagnosticare non solo nuovi casi ma anche casi che non erano stati correttamente inquadrati alla precedente valutazione che si era rivelata non mirata ed effettuata in strutture non provviste di competenze con elevata specializzazione.

Al fine di monitorare e limitare eventuali casi futuri di silicosi nel settore del marmo artificiale è pertanto auspicabile la rapida creazione di una rete di condivisione di informazioni e attività preventive tra le varie figure professionali interessate e gli Enti preposti, inizialmente nella nostra Regione, con possibile estensione a tutto il territorio nazionale. Appare importante, infine, la confluenza dei casi sospetti (esposti o ex-esposti a marmo artificiale) in Centri dedicati con specifiche competenze nella diagnosi funzionale e radiologica di silicosi.

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