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15/04/2016

Uscita flessibile dal lavoro: un’opportunità contrattuale ma servono altre misure di flessibilità


A pochi giorni dalla mobilitazione nazionale del 2 aprile scorso - indetta unitariamente dai sindacati per chiedere una modifica della riforma Fornero sulle pensioni e l’apertura di un tavolo di confronto sul tema -, il Governo ha emanato il decreto che prevede la possibilità, per alcune categorie di lavoratori, di passare al part time agevolato negli ultimi anni di lavoro. I lavoratori con più di 63 anni, che hanno maturato il diritto all’accesso alla pensione entro la fine del 2018, possono dunque, previo accordo con il datore di lavoro, ridurre il proprio orario di lavoro  ricevendo un incentivo che limita la riduzione dello stipendio e senza penalizzazioni sull’importo della futura pensione.

 

È una misura che offre certo un’opportunità per chi è prossimo alla pensione. E in effetti, di fronte all’allungamento dell’età lavorativa, l’uscita graduale dal lavoro è un tema da affrontare anche dal punto di vista sindacale. E questa novità normativa può aprire al sindacato importanti opportunità contrattuali per accompagnare i lavoratori anziani negli ultimi anni lavorativi, magari costruendo accordi che aprano anche spazi di nuovo inserimento lavorativo in cambio della riduzione degli orari di lavoro. È uno scenario nuovo, inedito, che il sindacato dovrebbe presidiare, perché porterebbe con sé un nuovo significato del passaggio dal lavoro al non lavoro.

 

Questo provvedimento governativo, tuttavia, è solamente una risposta parziale e limitata alle istanze avanzate da Cisl, Cigl e Uil per una revisione degli aspetti più negativi della legge Fornero. Il Governo non può pensare di ridurre il proprio intervento a una, seppur interessante, introduzione del part time agevolato per gli ultimi anni del lavoro. La flessibilità in uscita è un tema molto più ampio che chiede di essere affrontato per eliminare le ingiustizie introdotte con l’ultima riforma pensionistica: l’ingiustizia nei confronti di coloro che hanno intrapreso molto giovani il proprio percorso lavorativo - e che dovrebbero arrivare a quasi cinquant’anni di lavoro prima di avere diritto alla pensione -, l’ingiustizia nei confronti di chi svolge lavori talmente pesanti da rendere praticamente impossibile il raggiungimento dei requisiti di legge per la pensione.

 

Come Cisl continueremo a chiedere con forza l’apertura di un confronto , per dare risposte esaustive alle richieste di equità e di flessibilità per il nostro sistema pensionistico. Il Governo farebbe bene ad affrontare con concretezza questi temi divenuti da tempo urgenti.

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