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1/09/2017

ISTAT: analizziamo i dati sull'occupazione.


A luglio 2017, rileva l'Istat, la stima degli occupati cresce dello 0,3% rispetto a giugno (+59 mila), confermando la fase di espansione occupazionale. Gli occupati sono cresciuti di 294 mila unità rispetto un anno fa.

Diminuiscono anche gli inattivi, cioè le persone scoraggiate. Il tasso di occupazione sale quindi al 58,0% (+0,1 punti percentuali).

Questa è una buona notizia perché significa che si è messa in moto una crescita dell’economia.

Vediamo però anche i punti di debolezza che permangono, ad oggi nel paese, come ad esempio il dato riferito ad una crescita che riguarda per il 51% i lavoratori ultra cinquantenni e solo per il 12% i lavoratori tra i 25/34 anni. Una crescita interamente dovuta alla componente maschile, mentre per le donne si registra un calo occupazionale.

La ripresa, inoltre, non sta interessando tutte le categorie produttive, come il commercio e il settore artigiano; nonostante i consumi siano in aumento, infatti, chiudono piccoli artigiani e le piccole botteghe. Le realtà dei lavoratori autonomi e della piccola “borghesia” continuano ad avere difficoltà e questo si riflette sulle condizioni sociali più complessive che il territorio vive in termini di vulnerabilità sociale.

Esiste un problema di scarsa produttività del paese se consideriamo che IL PIL italiano è ancora del 7% più basso di quanto non fosse nel 2008 mentre gli occupati sono allo stesso livello. Vuol dire che più persone lavorano ma producono meno di prima.

Ciò nonostante il PIL ha ripreso a crescere nell’ultimo anno e mezzo, dell’1,3% rispetto l’anno scorso, e questo è certamente un incoraggiamento alla fiducia e alla crescita nel paese e nei territori. Un PIL che non si candida ad essere l’unico indicatore del benessere del paese ma che riflette una difficoltà della domanda interna, investimenti e consumi, a riprendere.

Infine, cresce l’occupazione ma non crescono le ore lavorate, significa che c’è ancora una domanda di lavoro che scarseggia e che si misura su lavori deboli e di minor qualità.

La ripresa occupale ci costringe ad interrogarci sui meccanismi potenziali di crescita dell’economia e sulle azioni necessarie a confermare il trend in atto, rafforzandone gli aspetti strutturali. Pensiamo alla decontribuzione per i giovani e per il contratto a tempo indeterminato, pensiamo al cuneo fiscale per diminuire il costo del lavoro a vantaggio del salario netto, pensiamo agli investimenti in innovazione, come quelli già realizzati per Industry 4.0. Pensiamo anche e soprattutto agli investimenti sulla formazione e sulla qualità del lavoro per trattenere i giovani qualificati in Italia.

La contrattazione decentrata e le politiche attive dovranno accompagnare questo processo, contrastando l’esplosione dei contratti a termine, correggendo la riforma sui voucher, controllando il sommerso, investendo sulle competenze , sui salari, sul contrasto alle diseguaglianze.

Il cammino è avviato, spetta ad ognuno di noi concorrere per accelerarne il ritmo.

Nel territorio vicentino non potremo nascondere la polvere sotto il tappeto ma dovremo individuare obiettivi e tavoli con le istituzioni, le imprese e i partner sociali per incardinare il futuro del territorio e ridargli un’anima, una prospettiva.

La CISL è impegnata principalmente su questo.

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